Microrganismi trovati nel ghiaccio artico
Scoperta rivoluzionaria: microrganismi sopravvivono nel ghiaccio artico.
Scoperta rivoluzionaria: microrganismi sopravvivono nel ghiaccio artico.
Il black carbon è un inquinante atmosferico capace di contribuire al riscaldamento climatico, ed è presente anche in Artico. In questa regione polare la sua concentrazione dipende da diversi meccanismi che ne controllano il trasporto dalle medie latitudini, cioè dalle regioni dove è situata la maggior parte delle sorgenti. Finora sconosciuti, oggi questi meccanismi sono stati svelati dai ricercatori dell'Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp) che, in collaborazione con l'Università di Stoccolma e l'ETH di Zurigo, hanno misurato per oltre quattro anni, in modo continuativo la concentrazione di black carbon in Artico, studiando come la sua concentrazione cambia nel tempo.
I suoli permafrost sono una componente critica del ciclo globale del carbonio e sono importanti a livello locale perché regolano il flusso idrologico dagli altopiani ai fiumi. Inoltre, il degrado dei suoli permafrost causa il cedimento della superficie terrestre, danneggiando infrastrutture cruciali per le comunità locali. Le mappe regionali ed emisferiche del permafrost sono troppo grossolane per risolvere le distribuzioni su una scala rilevante per le valutazioni della stabilità delle infrastrutture o per illuminare gli impatti geomorfici del disgelo del permafrost.
Ritrovate tracce di creme solari al Polo Nord, sui ghiacciai dell'arcipelago delle Svalbard. Si depositano soprattutto in inverno, quando sull'Artico cala la notte. A misurarne la concentrazione e spiegarne l'origine è uno studio condotto da ricercatrici e ricercatori dell'Università Ca' Foscari Venezia e dell'Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp), in collaborazione con l'Università delle Svalbard.
Il ghiaccio marino modula lo scambio energetico tra l’atmosfera e l’oceano attraverso la sua cinematica. Le dinamiche della zona glaciale marginale (marginal ice zone - MIZ) sono complesse e non sono ben risolte nelle osservazioni di routine. L’analisi approfondita rivela come le correnti di marea locali influenzino fortemente il movimento del ghiaccio lungo il suo viaggio e fornisce uno sguardo senza precedenti su come la composizione del fondale marino stia causando alcuni dei cambiamenti più improvvisi.
L'anticiclonico Beaufort Gyre è la circolazione dominante del bacino del Canada e il più grande serbatoio di acqua dolce nell'Oceano Artico. Durante la prima parte degli anni 2000, il vortice si è intensificato, espanso e ha accumulato acqua dolce. Un nuovo studio fornisce la prima prova osservativa della stabilizzazione dell'anticiclonico Beaufort Gyre, che è la circolazione dominante del bacino del Canada e il più grande serbatoio di acqua dolce nell'Oceano Artico.
L'inquinamento da plastica è diventato onnipresente con quantità molto elevate rilevate anche in ecosistemi remoti come il ghiaccio marino artico e i sedimenti di acque profonde. Le alghe di ghiaccio che crescono sotto il ghiaccio marino vengono rilasciate allo scioglimento e possono formare aggregati che affondano rapidamente.
Non solo radiazione solare e temperatura. Nella tundra artica l'umidità del suolo, l'abbondanza ed il tipo di vegetazione controllano lo scambio di CO2 tra suolo, vegetazione e atmosfera. È la conclusione di uno studio realizzato da un team di ricerca dell'Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igg) e pubblicato sulla rivista Scientific Reports. (1)
I ricercatori hanno analizzato le misure di flussi di anidride carbonica nella tundra artica dell'isola di Spitzbergen (Norvegia), nel bacino del torrente Bayelva, non lontano dalla stazione artica Dirigibile Italia del Cnr, identificando le variabili climatiche ed ecologiche da cui tali flussi dipendono.
«Con il nostro studio dimostriamo che, per spiegare l'intensità dei flussi di CO2, non bastano temperatura e radiazione solare», spiega la dottoressa Marta Magnani (2) ricercatrice del Cnr-Igg e prima autrice del lavoro, che durante il suo dottorato di ricerca ha partecipato alle campagne di misura e sviluppato un modello matematico dei flussi di anidride carbonica.