Scopri come i ghiacciai reagiscono al riscaldamento globale: uno studio rivela il loro raffreddamento estremo e il futuro incerto
Studio shock: i ghiacciai non riescono più a difendersi dal riscaldamento.
Il dottor Thomas Shaw (1) conserva un ricordo vivido di una giornata estiva particolarmente significativa, vissuta nell’agosto del 2022. In quel momento, il giovane ricercatore post-dottorato, membro del team guidato da Francesca Pellicciotti presso l’Istituto di Scienza e Tecnologia Austria (ISTA) (2), si trovava immerso nel paesaggio maestoso delle Alpi svizzere. Il cielo era terso, la temperatura piacevolmente stabile sui 17 gradi Celsius. Tuttavia, la sua posizione non era affatto ordinaria: si trovava sulla sommità del Glacier de Corbassière, a ben 2.600 metri di altitudine, impegnato nella raccolta di dati per valutare lo stato di salute del ghiacciaio.
Ma i ghiacciai stanno davvero “prendendo la situazione troppo alla fresca”? In un contesto globale in cui le temperature atmosferiche continuano a salire, le superfici glaciali sembrano reagire in modo controintuitivo, mantenendo temperature più basse. I giganteschi ghiacciai dell’Himalaya, per esempio, generano venti freddi che discendono lungo i loro versanti, nel tentativo di raffreddare l’ambiente circostante e proteggere i delicati ecosistemi che ospitano. Tuttavia, questo curioso fenomeno non deve essere interpretato come un segnale di stabilità a lungo termine.
Un recente studio condotto da Shaw, pubblicato su Nature Climate Change (3), rivela che questa risposta dei ghiacciai al riscaldamento globale raggiungerà probabilmente il suo apice nel corso degli anni 2030. «Con l’aumento delle temperature, i ghiacciai intensificheranno gli sforzi per raffreddare il proprio microclima e le aree sottostanti», spiega Shaw. «Ma questo meccanismo non sarà eterno: entro la metà del secolo assisteremo a un’inversione di tendenza». Da quel momento in poi, lo scioglimento e la frammentazione dei ghiacciai, accelerati dal cambiamento climatico di origine antropica, diventeranno sempre più evidenti. Le temperature superficiali dei ghiacciai inizieranno a salire più rapidamente, contribuendo al loro progressivo deterioramento.
Ghiacciai imponenti e venti catabatici
Studiare gli effetti climatici locali in alcune delle regioni più isolate del pianeta e riuscire a tracciare la loro evoluzione su scala globale è un’impresa titanica. Spesso, i dati raccolti direttamente sul campo sono scarsi o del tutto assenti, rendendo difficile la calibrazione dei modelli computazionali che simulano il comportamento climatico con precisione. Quando Francesca Pellicciotti e il suo team hanno analizzato per la prima volta i dati provenienti da una stazione meteorologica collocata a 5.000 metri di altitudine sulle pendici del Monte Everest (4), sono rimasti increduli. «Esaminando attentamente i dati, abbiamo scoperto che i ghiacciai rispondevano all’aria calda estiva intensificando lo scambio termico alla superficie», racconta Pellicciotti. Le enormi dimensioni dei ghiacciai himalayani favoriscono il raffreddamento di vaste masse d’aria che entrano in contatto diretto con le superfici glaciali. «Queste masse d’aria, fredde, dense e voluminose, si muovono poi verso valle per effetto della gravità, generando un fenomeno noto come ‘venti catabatici’». Anche altri ghiacciai di grandi dimensioni nel mondo mostrano comportamenti simili.
Scienziati che spingono oltre i confini della conoscenza
Thomas Shaw ha intrapreso un ambizioso percorso per costruire un modello globale robusto, capace di superare le barriere imposte dalla carenza di dati. Il suo obiettivo: stimare con maggiore precisione per quanto tempo i ghiacciai continueranno a mitigare gli effetti del cambiamento climatico. «Abbiamo raccolto informazioni da progetti precedenti e recenti condotti dal nostro gruppo di ricerca, integrandole con tutti i dati pubblicati disponibili», racconta Shaw. «Inoltre, abbiamo contattato altri scienziati chiedendo loro di condividere i dati non ancora resi pubblici». Grazie a questo insieme di dati senza precedenti, il team ha potuto rivedere i processi fisici coinvolti, individuando quelli che possono essere generalizzati, e ha costruito un quadro statistico in grado di offrire una visione d’insieme sull’evoluzione del raffreddamento glaciale su scala planetaria.
Il momento critico del raffreddamento
Il gruppo di ricerca ha assemblato un vasto inventario di dati orari provenienti da 350 stazioni meteorologiche distribuite su 62 ghiacciai in tutto il mondo, frutto di 169 campagne di misurazione condotte durante l’estate. L’analisi si è concentrata sul rapporto tra la temperatura superficiale del ghiacciaio e quella dell’aria non glaciale immediatamente sovrastante ogni stazione, osservando come questo rapporto vari nello spazio e nel tempo. «Abbiamo definito questa differenza ‘disaccoppiamento’, perché sembra contrastare con il trend di riscaldamento dell’atmosfera», spiega Shaw. I risultati mostrano che, in media, la temperatura superficiale dei ghiacciai montani è aumentata di 0,83 gradi Celsius per ogni grado di incremento della temperatura ambientale.
Il team ha anche studiato le caratteristiche dei ghiacciai che tendono a ridurre l’effetto di disaccoppiamento, come la presenza di uno strato di detriti nella parte inferiore. Queste informazioni sono state incorporate nel modello, rendendolo più preciso. Le proiezioni future indicano che l’effetto di raffreddamento raggiungerà il suo massimo tra il 2020 e il 2040. Successivamente, la continua perdita di massa glaciale provocherà un ritiro su larga scala, invertendo la tendenza. «In quel momento, i ghiacciai, ormai erosi e profondamente compromessi, si ‘riaccoppieranno’ all’atmosfera sempre più calda, segnando l’inizio della loro fine», afferma Shaw.
Verso una consapevolezza globale e azioni concrete
Nonostante le previsioni delineino un futuro difficile per queste imponenti riserve d’acqua dolce, esistono implicazioni pratiche se l’attuale tendenza dovesse persistere. «Sapere che i ghiacciai continueranno a raffreddarsi autonomamente ancora per qualche tempo potrebbe offrirci un margine utile per migliorare la pianificazione della gestione idrica nei prossimi decenni», osserva Shaw.
Il gruppo di ricerca è però consapevole che non esistono soluzioni miracolose per salvare o ripristinare i ghiacciai montani. «Dobbiamo accettare la perdita di ghiaccio già in corso e concentrare le nostre energie nel contenere ulteriormente il riscaldamento globale, evitando strategie di geo-ingegneria inefficaci come la semina delle nuvole o la copertura dei ghiacciai. Sono interventi costosi e poco efficaci, paragonabili a mettere un cerotto su una ferita da arma da fuoco». I prossimi decenni, secondo Shaw, dovranno essere dedicati alla riflessione, alla gestione intelligente delle risorse idriche e a iniziative che trasformino la coscienza collettiva sul cambiamento climatico di origine antropica.
I ricercatori sottolineano infine l’urgenza di politiche climatiche globali coordinate, capaci di ridurre drasticamente le emissioni e di proteggere la vita umana dagli effetti sempre più imprevedibili del riscaldamento globale. «Ogni frazione di grado conta», conclude Shaw, facendo eco a un monito che la comunità scientifica ripete da decenni.
Riferimenti:
(1) Thomas Shaw
(3) Mountain glaciers recouple to atmospheric warming over the twenty-first century
(4) Local cooling and drying induced by Himalayan glaciers under global warming
Descrizione foto: Venti freddi che soffiano sul ghiacciaio Tsanteleina in Italia. - Credit: Thomas Shaw/ISTA.
Autore traduzione riassuntiva e adattamento linguistico: Edoardo Capuano / Articolo originale: ISTA study confirms: Glaciers are fighting a losing battle against climate change