I ricercatori hanno creato i robot autonomi più piccoli al mondo, minuscole macchine grandi meno di un granello di sale capaci di nuotare, percepire l’ambiente e funzionare per mesi. Una svolta che apre nuove frontiere nella medicina e nella robotica microscopica
Robot microscopici con cervello integrato: ora possono compiere attività autonome.
I ricercatori dell’University of Pennsylvania e dell’University of Michigan hanno creato i robot completamente programmabili e autonomi più piccoli al mondo: microscopiche macchine natanti, che costano solo un centesimo l’una, capaci di percepire e reagire autonomamente al loro ambiente il cui funzionamento può durare per mesi.
Appena visibili a occhio nudo, ciascun robot misura circa 200 per 300 per 50 micrometri, più piccolo di un granello di sale. Operando alla scala di molti microrganismi biologici, questi robot potrebbero far progredire la medicina monitorando la salute delle singole cellule e la produzione aiutando a costruire dispositivi su scala microscopica.
Alimentati dalla luce, i robot trasportano microscopici computer e possono essere programmati per muoversi in schemi complessi, percepire le temperature locali e regolare di conseguenza i loro percorsi. Descritti su Science Robotics e Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) (1), i robot operano senza cavi, campi magnetici o controlli esterni simili a joystick, rendendoli i primi veri robot autonomi e programmabili a questa scala.
«Abbiamo realizzato robot autonomi 10.000 volte più piccoli», afferma il dottor Marc Miskin (2), Professore Assistente di Ingegneria Elettrica e dei sistemi alla Penn Engineering e autore senior degli articoli. «Questo apre un’intera nuova scala per i robot programmabili».
Superare la barriera del sub-millimetro
Per decenni, l'elettronica è diventata sempre più piccola, esemplificata dai computer submillimetrici da record sviluppati nel laboratorio di David Blaauw (3) e Sylvester Dennis (4), professori di ingegneria elettrica e informatica alla UM. Eppure i robot hanno faticato a tenere il passo, in parte perché il movimento indipendente è eccezionalmente difficile per i dispositivi su microscala, un problema che, secondo Miskin, ha bloccato il campo per 40 anni, fino ad ora. «Costruire robot che operino in modo indipendente a dimensioni inferiori a un millimetro è incredibilmente difficile», afferma Miskin. «Il settore è sostanzialmente bloccato su questo problema da 40 anni».
Le forze che dominano il mondo umano, come la gravità e l’inerzia, dipendono dal volume. Tuttavia, riducendosi alle dimensioni di una cellula, entrano in gioco forze legate alla superficie, come la resistenza e la viscosità. «Se sei abbastanza piccolo, spingere nell’acqua è come spingere attraverso il catrame», teorizza Miskin.
In altre parole, alla scala microscopica, le strategie che muovono robot più grandi, come gli arti, raramente hanno successo. «Gambe e braccia molto piccole si rompono facilmente», afferma Miskin. «Sono anche molto difficili da costruire».
Così il team ha dovuto progettare un sistema di propulsione completamente nuovo, uno che funzionasse con - invece che contro - la fisica unica della locomozione nel regno microscopico.
Far nuotare i robot
Le grandi creature acquatiche, come i pesci, si muovono spingendo l’acqua dietro di sé. Grazie alla terza legge di Newton, l’acqua esercita una forza uguale e contraria sul pesce, spingendolo in avanti.
I nuovi robot, al contrario, non flettono affatto il loro corpo. Generano invece un campo elettrico che spinge delicatamente gli ioni nella soluzione circostante. Quegli ioni, a loro volta, spingono le molecole d’acqua vicine, animando l’acqua attorno al corpo del robot. «È come se il robot si trovasse in un fiume in movimento», afferma Miskin, «ma è anche il robot a far muovere il fiume».
I robot possono regolare il campo elettrico che produce l’effetto, permettendo loro di muoversi in schemi complessi e persino di viaggiare in gruppi coordinati, proprio come un banco di pesci, a velocità fino a una lunghezza corporea al secondo.
E poiché gli elettrodi che generano il campo non hanno parti mobili, i robot sono estremamente resistenti. «Puoi trasferire ripetutamente questi robot da un campione all’altro usando una micropipetta senza danneggiarli», afferma Miskin. Alimentati dalla luce di un LED, i robot possono continuare a nuotare per mesi.
Dare un cervello ai robot
Per essere davvero autonomo, un robot ha bisogno di un computer per prendere decisioni, di elettronica con lo scopo di percepire l’ambiente circostante e controllare la propria propulsione, e di minuscoli pannelli solari per alimentare il tutto. Tutto questo deve entrare in un chip che misura una frazione di millimetro. È qui che entra in gioco il team del dottor David Blaauw dell’University of Michigan.
Il laboratorio di Blaauw detiene il record del computer più piccolo al mondo. Quando Miskin e Blaauw si incontrarono per la prima volta durante una presentazione organizzata dalla Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) cinque anni fa, i due capirono immediatamente che le loro tecnologie erano una combinazione perfetta. «Abbiamo visto che il sistema di propulsione della Penn Engineering e i nostri minuscoli computer elettronici erano semplicemente fatti l’uno per l’altro», afferma Blaauw. Tuttavia, ci sono voluti cinque anni di duro lavoro da entrambe le parti per realizzare il loro primo robot funzionante.
«La sfida principale per l’elettronica», racconta Blaauw, «è che i pannelli solari sono minuscoli e producono solo 75 nanowatt di potenza. È oltre 100.000 volte meno della potenza consumata da uno smartwatch». Per far funzionare il computer del robot con così poca energia, il team del Michigan ha sviluppato circuiti speciali che operano a tensioni estremamente basse e riducono il consumo energetico del computer di oltre 1000 volte. Tuttavia, i pannelli solari occupano la maggior parte dello spazio sul robot. Pertanto, la seconda sfida è stata comprimere il processore e la memoria per memorizzare un programma nel poco spazio rimasto. «Abbiamo dovuto ripensare completamente le istruzioni del programma del computer», afferma Blaauw, «condensando ciò che convenzionalmente richiederebbe molte istruzioni per il controllo della propulsione in un’unica istruzione speciale, così da ridurre la lunghezza del programma e farlo entrare nel minuscolo spazio di memoria del robot».
Robot che percepiscono, ricordano e reagiscono
Ciò che queste innovazioni hanno reso possibile è il primo robot sub-millimetrico che può davvero pensare. Per quanto ne sappiano i ricercatori, nessuno aveva mai inserito un vero computer – processore, memoria e sensori – in un robot così piccolo. Questa svolta rende questi dispositivi i primi robot microscopici in grado di percepire e agire autonomamente.
I robot dispongono di sensori elettronici che possono rilevare la temperatura con una precisione di un terzo di grado Celsius. Questo permette ad essi di muoversi verso aree di temperatura crescente o di riportare la temperatura - un indicatore dell’attività cellulare - consentendo loro di monitorare la salute delle singole cellule.
Il dottor Blaauw spiega: «Per comunicare le loro misurazioni della temperatura, abbiamo progettato un’istruzione informatica speciale che codifica un valore, come la temperatura misurata, nelle oscillazioni di una piccola danza che il robot esegue. Poi osserviamo questa danza attraverso un microscopio con una telecamera e decodifichiamo dalle oscillazioni ciò che i robot ci stanno dicendo. È molto simile al modo in cui le api comunicano tra loro».
I robot vengono programmati tramite impulsi di luce che anche li alimentano. Ogni robot ha un indirizzo univoco che permette ai ricercatori di caricare programmi diversi su ciascun robot. «Questo apre una serie di possibilità», aggiunge Blaauw, «con ogni robot che può potenzialmente svolgere un ruolo diverso in un compito più ampio e condiviso».
Solo l’inizio
Le future versioni dei robot potrebbero memorizzare programmi più complessi, muoversi più velocemente, integrare nuovi sensori o operare in ambienti più impegnativi. In sostanza, il design attuale è una piattaforma generale: il suo sistema di propulsione funziona perfettamente con l’elettronica, i suoi circuiti possono essere prodotti in modo economico su larga scala e il suo progetto consente di aggiungere nuove capacità.
«Questo è davvero solo il primo capitolo», afferma Miskin. «Abbiamo dimostrato che si può inserire un cervello, un sensore e un motore in qualcosa di quasi troppo piccolo per essere visto, e farlo sopravvivere e funzionare per mesi. Una volta che hai quella base, puoi stratificare ogni tipo di intelligenza e funzionalità. Si apre la porta a un futuro completamente nuovo per la robotica su scala microscopica».
Riferimenti:
(1) Electrokinetic propulsion for electronically integrated microscopic robots
(2) Marc Miskin
(3) David Blaauw
(4) Sylvester Dennis
Descrizione foto: Il robot, mostrato in scala sul polpastrello. - Credit: Credit: Marc Miskin, University of Pennsylvania.
Autore traduzione riassuntiva e adattamento linguistico: Edoardo Capuano / Articolo originale: World’s smallest programmable robots perform tasks