Uno studio innovativo usa polvere cosmica nei ghiacci della Groenlandia per ricostruire il ghiaccio artico prima dell’era satellitare, rivelando secoli di cambiamenti climatici
Polvere cosmica e ghiaccio artico: una nuova frontiera nella paleoclimatologia.
La comprensione dell’evoluzione del ghiaccio marino artico è fondamentale per studiare i cambiamenti climatici globali. Tuttavia, le osservazioni satellitari sono disponibili solo dagli anni ’70, lasciando un vuoto di dati per i secoli precedenti. Un recente studio condotto da ricercatori dell’University of Washington propone una soluzione innovativa: utilizzare la polvere spaziale intrappolata nei ghiacci della Groenlandia per ricostruire le condizioni del ghiaccio marino artico dal 1700 in poi.
Il team ha analizzato micrometeoriti – minuscole particelle di polvere cosmica – raccolte da carote di ghiaccio estratte in Groenlandia. Queste particelle, provenienti dallo spazio interplanetario, si depositano sulla Terra in modo relativamente uniforme. Tuttavia, la quantità che raggiunge la superficie dipende dalla copertura del ghiaccio marino: meno ghiaccio significa più polvere che riesce a depositarsi.
Uno studio pubblicato su Science (1) dimostra che tracciare dove è caduta – e dove non è caduta – la polvere cosmica può rivelare come la copertura del ghiaccio marino sia cambiata nel corso dei millenni.
«Se riusciremo a prevedere il momento e i modelli spaziali del declino della copertura del ghiaccio in futuro, potremo comprendere meglio il riscaldamento, prevedere i cambiamenti nelle reti alimentari e nella pesca, e prepararci a mutamenti geopolitici», ha dichiarato il dottor Frankie Pavia (2), professore assistente di oceanografia all’University of Washington e autore principale dello studio.
«È come cercare un ago in un pagliaio», continua Pavia. «Hai questa piccola quantità di polvere cosmica che cade ovunque, ma hai anche i sedimenti terrestri che si accumulano piuttosto rapidamente. Durante l’ultima era glaciale, c’era quasi nessuna polvere cosmica nei sedimenti artici».
Utilizzando tecniche di spettrometria di massa e modelli climatici, i ricercatori hanno correlato la concentrazione di polvere cosmica con l’estensione del ghiaccio marino artico in epoche precedenti all’osservazione diretta.
Risultati principali
- Le concentrazioni di polvere cosmica sono significativamente più elevate nei periodi storici con minore copertura di ghiaccio marino;
- L’attuale riduzione del ghiaccio artico è senza precedenti rispetto agli ultimi 250 anni;
- Il metodo consente di estendere la cronologia delle osservazioni artiche ben oltre l’era satellitare, offrendo una nuova prospettiva sulla variabilità climatica naturale.
Implicazioni per la paleoclimatologia
- Fornisce un proxy indipendente per la ricostruzione del ghiaccio marino.
- Può essere applicata ad altre regioni polari e a periodi ancora più remoti.
- Contribuisce a migliorare i modelli climatici e le previsioni future.
«Con la diminuzione del ghiaccio in futuro, ci aspettiamo di vedere un aumento del consumo di nutrienti da parte del fitoplancton nell’Artico, con conseguenze sulla rete alimentare», ha affermato Pavia.
L’utilizzo della polvere cosmica come strumento di indagine climatica rappresenta un passo avanti nella comprensione del sistema Terra. Questo approccio innovativo dimostra come anche le particelle più piccole possano raccontare grandi storie sul nostro passato climatico – e aiutarci a prevedere il futuro.
Hanno collaborato al progetto: Jesse R. Farmer dell'University of Massachusetts Boston; Laura Gemery e Thomas M. Cronin dell'United States Geological Survey; e Jonathan Treffkorn e Kenneth A. Farley del Caltech.
Questo studio è stato finanziato dalla National Science Foundation e da una borsa di studio post-dottorato Foster and Coco Stanback.
Riferimenti:
(1) Cosmic dust reveals dynamic shifts in central Arctic sea-ice coverage over the past 30,000 years
(2) Frankie Pavia
Descrizione foto: La copertura di ghiaccio nel mare Artico sta rapidamente diminuendo, il che fa sì che il ghiaccio rimanente si sciolga più velocemente e altera la disponibilità di nutrienti. In uno studio condotto dall’Università di Washington, i ricercatori mostrano come le particelle provenienti dallo spazio possono aiutare a ricreare le condizioni del ghiaccio negli ultimi 30.000 anni. - Credit: Bonnie Light/University of Washington.
Autore traduzione riassuntiva e adattamento linguistico: Edoardo Capuano / Articolo originale: Space dust reveals Arctic ice conditions before satellite imaging